Le origini della Pavia - Pisa

(Di Michele Cattane)

Prima guerra di indipendenza, 29 maggio 1848. Presso Curtatone e Montanara, alle porte di Mantova, un piccolo contingente militare toscano subisce il poderoso urto di forze austriache superiori per numero e mezzi. Nonostante la lunga e accanita resistenza, gli italiani sono infine costretti a ritirarsi, lasciando sul campo un gran numero di morti, feriti e prigionieri. Molti dei valorosi combattenti di quella giornata erano volontari: studenti e professori che, lasciate le aule degli atenei di Pisa e Siena, erano corsi ad arruolarsi insieme sotto le bandiere dell’indipendenza nazionale. Anche per questa ragione, l’epopea di quelle che furono subito presentate come le “Termopili italiane” rimase scolpita nell’immaginario collettivo: per quanto marginale dal punto di vista militare, dopo l’Unità la battaglia divenne uno dei miti più amati e celebrati del Risorgimento. In seguito, anche il fascismo riprese e incoraggiò il culto di questi leggendari eroi toscani, che dalla propaganda di regime furono additati come modello a più generazioni di universitari italiani, chiamati a seguirne l’esempio, nella vita quotidiana come sui campi di battaglia.

La Pavia-Pisa ebbe origine in questo clima. E’ infatti dal 29 maggio 1929, nel pieno del Ventennio, che ogni anno, alternativamente nelle acque del Ticino e dell’Arno, gli otto outrigger delle due Università si affrontano nell’ormai storica regata dedicata ai caduti di Curtatone e Montanara. A inventare la gara fu il giornalista e politico toscano Lando Ferretti, che concep&#236 un’idea semplice ma ambiziosa: non solo prendere la Oxford-Cambridge Boat Race come modello per una simile competizione italiana, ma trasformare una gara di canottaggio in un mezzo per servire i fini totalitari del regime. La tradizione delle regate universitarie era infatti considerata, allora come oggi, una delle caratteristiche più affascinanti dei college inglesi e americani: e il college stesso era il modello di istruzione superiore in cui Ferretti riconosceva la chiave del successo economico e politico delle &e133;lite anglosassoni. La Pavia-Pisa, nelle sue intenzioni, doveva cos&#236 diventare l’avanguardia e il manifesto di una nuova Università per l’Italia fascista, dove forgiare nella mente, nello spirito e nel corpo i costruttori di un futuro impero: un’Università imperniata sui collegi e in cui lo sport doveva rivestire un ruolo di primo piano. Per le città coinvolte, si trattava ovviamente di una meravigliosa opportunità. Pavia e Pisa erano sede di atenei piccoli, ma antichissimi e illustri, che erano stati però pesantemente penalizzati dalla riforma fascista dell’istruzione e avevano cominciato a perdere rapidamente la loro importanza tradizionale. Attraverso questa prestigiosa manifestazione, essi potevano cercare di sottolineare nuovamente il loro ruolo di punta di diamante del sistema universitario nazionale, candidandosi al rango di “Oxford e Cambridge italiane”. Le prime dodici edizioni (1929-1940) conobbero un notevole successo. Frutto di una meticolosa preparazione agonistica e coreografica, la gara divenne anno dopo anno uno spettacolo sempre più grandioso, in cui l’intera cittadinanza, studenti e abitanti, autorità e corpo accademico, era coinvolta in un tifo accanito. Anche l’establishment del regime apprezzò la competizione e ciò che rappresentava: gerarchi, ministri e perfino membri della famiglia reale fecero spesso la loro comparsa sul campo di regata, e Mussolini stesso offr&#236 una coppa d’oro come premio per la squadra vincitrice. Una coppa che oggi non esiste più: fusa per donarne l’oro alla patria, è stata divorata dalla guerra come il regime e molti dei giovani di quell’epoca.

Dopo il secondo conflitto mondiale, l’Italia si è trasformata in una Repubblica democratica. La battaglia di Curtatone e Montanara è ancora ricordata come un eroico esempio di patriottismo generoso, non più come un invito alla guerra e alla violenza. La Pavia-Pisa, tra alterne vicende, dal 1947 è risorta come l’evento sportivo che oggi ben conosciamo, senza pretese di addestramento militare o indottrinamento politico. Non ha mai raggiunto la fama internazionale dell’originale Boat Race, ma è tornata ad essere una tradizione fortemente sentita: una tradizione di cui, nonostante le ormai remote origini ideologiche, possiamo tutti andare fieri.